Roberto Abraham Scaruffi

Sunday 16 June 2013


TUTTI

in ospedale siamo tutti vecchi,
sordi, impreparati, all’erta:
per il turno, la visita, l’iniezione,
i raggi ics, la pipì, la colazione.
in ospedale tutti siamo tutti,
di nuovo, bambini impazienti.
siamo tutti pazienti esperti e preoccupati:
per la femorale, la lombare, la tac
– col contrasto e senza contrasto –
i cuscini, il test, l’endovena
la luce, il buio, il prurito, il futuro
e i rumori, il silenzio e la cena.
in ospedale
siamo tutti stranieri disorientati.
in ospedale basta un attimo e ci si perde.
in ospedale, se ti distrai son guai.
in ospedale il tempo non passa mai.
solo in sala operatoria ti regalano
una specie di tregua:
in cambio dell’autorizzazione
che si dà loro a incidere, a tagliare
a estrarre, a sciogliere e legare,
sistemare,
a farti sanguinare e poi suturare,
di solito, si ha diritto
a una dose decente
di qualche droga potente.
in galera non so.
però, m’han detto ch’è quasi uguale.
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LO STRUSCIO E IL FASCIO

domenica scorsa, col gelato nel cono,
le braghe corte, gli occhiali da sole
e tutto quanto,
stavo facendo con la Yoko
un po’ di struscio.
tutt’a un tratto vediamo
un manifesto fascio:
della robba stampata…
de’ casa pau’:
si stava suicidando:
penzolando da un lato
già da sé
quel molesto
manifesto
dei fasci de’ casa pau’
era stato
male appiccicato.
“diamogli una mano”,
pensiamo:
accompagniamo
il distaccamento
dell’affissione abusiva,
aiutiamola a passare
a miglior vita:
in quattro e quattr’otto
le nazi-baggianate
risultano belle…
appallottolate.
penso: perfetto,
il fioretto è fatto.
manco per idea,
mi dice Yoko
e non lo dice per gioco:
inizia la ricerca
del bidone giusto,
per la carta!
di modo che anche
‘stammerda fascista
stampata
possa – tramite
un procedimento
quasi magico –
esser riciclata
e riutilizzata
magari per produrre
un pamphlet
nonviolento, verde,
ecologista
e – sotto sotto – antifascista.
sembra una storia da poco
ma più ci penso
più mi convinco:
è davvero diabolica ‘sta Yoko!
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ROSA

Rosa non è facile
da imprigionare
in versi
o in anche in altri schemi,
pure nei i più diversi.
Rosa… si dice
compia gli anni
ogni anno
come chiunque di noi,
ma è solo una stupida
convenzione
a cui lei non presta
la minima attenzione.
e… si vede, eccome!
Rosa è un’ex giornalista
che per troppo tempo,
sotto gli abiti di pelle
della trasvolatrice
intercontinentale
ha tenuto nascosta
la sua anima di artista.
dovreste vedere quanto son folli,
densi e belli
i suoi ultimissimi acquarelli!
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COSA VUOL DIRE GIRARE IN GIRO CON UN’ERPETOLOGA

se per compagna
ti scegli – tra tante
scienziate
ch’avresti potuto
adocchiare
e in qualche
fantasiosa maniera
convincere
che la tua compagnia
è la migliore che ci sia –
se ti scegli un’erpetologa,
dicevo,
(e lei ti sopporta anche privo
di squame),
il test decisivo
per capire il tipo e la sintonia
va svolto in campagna
o, meglio ancora, in montagna.
l’altro giorno, per dire,
stavamo percorrendo in auto
la stradicciola che bordeggia
a nastrino grigio
il Lago di Campotosto,
dalle parti del Gran Sasso,
e il magnifico esemplare
d’erpetologa
che m’accompagna,
accompagnando io lei,
come posso,
era alla guida del veicoletto
del car sharing,
quando improvvisamente
inchioda: oh! mio dio!
abbiamo stirato sull’asfalto
un qualche rettile?
(colla coda dell’occhio
lei ne aveva intravisto la coda).
cavolo! trattasi di bella viperella!
ma mica una qualsiasi:
a scaldarsi sull’asfalto infuocato
s’attardava un raro soggetto:
una vipera aspis melanica!
(minchia!)
si godeva a tal punto
il tepore del bitume
da prendersela comodissima:
lasciando addirittura il tempo
all’erpetologa pilota
di scender dal veicolo
per correre a controllarne
a spanne
lo stato di salute,
tornare come un fulmine
nell’abitacolo,
prelevare la macchinetta delle foto,
rimbalzare all’indietro,
inquadrare,
mettere a fuoco e scattare:
un’istantanea con al centro
il bel musetto
della bestietta strisciante
ma black and proud.
citato quest’aneddoto,
va detto
che, il più delle volte,
l’erpetologa è insaziabile
– naturalisticamente parlando –
così, come nel caso
del bell’esemplare in questione
(che, da un certo tempo osservo,
esamino, misuro ad abbracci,
monitoro con notevole
attenzione e passione)
può capitare
che s’applichi pure
ad altre branche
delle scienze e degli amori naturali,
solo apparentemente
incongrue:
per esempio,
al birdwatching casuale
(nonostante la miopia)
e all’ornitologia.
per essere preciso, la mia
di questa branca
predilige la sotto-sezione
dell’ascolto, riconoscimento
e riproduzione
dei suoni più svariati
emessi da pennuti disparati:
cinguettii, urletti, fischi, canti
gracchii e pigolii…
lei, su richiesta gentile,
saprebbe addirittura tubare:
con me, se non mi dimentico di darle
il mangime alle ore giuste, un po’ lo fa.
poi, nel tempo libero che le lasciano bisce
e rospi e cuculi e fringuelli,
la scienziata di cui mi sto imbottendo il cervello
si diletta con piante e fiori:
ne alleva di selvatici anche in casa, sul terrazzo:
infatti, l’erpetologa ha una concezione tutta sua
del giardinaggio,
a cui applica le sorprendenti tecniche
dette “lasciamo che la natura faccia il suo corso”
o “quel che viene viene”
o, ancora: “se dei semini qualsiasi son finiti in
quel vaso ci dev’essere un motivo!
non può essere un caso”.
io (noto e temuto in tutti i giardini, orti e
terrazzi, dove mi chiamano
“L’Angelo Sterminatore”,
tanto me ne intendo)
non commento né intervengo,
osservo e prendo qualche appunto,
come in questo momento.
ma, a parte le facili ironie
e gli affettuosi sarcasmi,
devo registrare, però,
che di cose interessanti,
già in questi brevi tempi
che ci accompagniamo,
ne ho imparate:
per dirne una:
che bel passatempo
può diventare
l’applicazione rigida,
scrupolosa e integrale
di ogni norma, regola,
dettame, fino alla più
originale pensata
nella raccolta casalinga
dei rifiuti, differenziata!
oppure, adesso che ci penso:
lo studio metodico,
fino alla precisa memorizzazione
della lista degli ingredienti
scritti piccoli piccoli
su qualsiasi confezione:
colle lenti adatte
è uno spasso
e s’incamerano nozioni utilissime
per dare un po’ di verve
a ogni tipo di conversazione!
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MACERIE & DICERIE

l’altro
giorno a L’Aquila
son stato
e con occhi e orecchi
e narici e polpastrelli
(tutti miei!) ho costatato
che lì… lo Stato
ha scrupolosamente
abbandonato
un sacco di macerie
e puntelli e ponteggi
e divieti
nel centro dis/abitato.
ha pure distribuito
– più o meno –
altrettante
dicerie
(o “c.a.s.e.” grosse come bugie)*
nelle ben dilatate
e crateriche periferie.
devo dire che,
lubrificate
da un po’ di lacrime,
mi son girate
quelle cose che di solito
ti girano
quando proprio te le fan girare.
robetta, se penso agli abitanti:
quelli devono avere
ben più vorticosi giramenti!
..
* “Complessi Antisismici Sostenibili Ecocompatibili”Complessi Antisismici Sostenibili
Ecocompatibili”

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ALBERO AFFOLLATO

di fronte alla finestra di camera mia
sta sempre, impalato, un albero:
son fortunato,
ma non ne conosco l’essenza.
ho notato soltanto
che va a stagioni:
quando fa molto freddo è muto,
ma appena scatta l’ora x primaverile
suona a non finire:
è un modo di dire:
suona, per la precisione,
tra le cinque e le sei del mattino.
così, a orecchio, direi
che a quell’ora è fortunato:
dal baccano direi
che è un albero affollato
di cince, passeri, merli
e fringuelli.
l’albero di fronte
alla finestra,
a quell’ora che dicevo,
del mattino,
non è una pianta:
è un’orchestra.
io, quando sento, da letto,
tutto quel trambusto
non m’attardo:
mi alzo presto.
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NIENTE DI MEGLIO

a mio modesto
parere,
certe mattine – ma presto:
quando i poveri vecchi poveri
han appena raccattato robe come loro
vecchie e povere
dai cumuli di spazzatura
lasciati davanti ai portoni –
non c’è niente, mi sembra, di meglio
che passeggiare
lungo i marciapiedi che i custodi
dei palazzi innaffiano
con la pompa dell’acqua
e spazzano
ancora con la saggina:
a quanto pare
per cancellare, oltre la polvere,
anche il ricordo
di quei cumuli e di quei vecchi.
passeggiando a quell’ora
passan per la testa delle storie,
t’imbatti in delle facce
che all’ora di punta
manco te le puoi sognare.
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VIRUS

non impazza più
ma langue
in certe fessure
del legno
ben nascoste,
poi
colpisce fulmineo
in forma piuttosto
originale:
questo virus
detto “influenzale”;
per gli amici
“malanno stagionale”…
chissà in base
a quali conoscenze
esclusive,
il mio stregone di base
ritiene d’averne
riconosciuto i sintomi
palpandomi
l’addome.
con le sue manotte
pulite e pienotte:
lui
pigiava un po’ di qui
un po’ di là,
io protestavo
con
brevissimi
ahio!
uhio! e ah!
per
il momento,
di comune accordo,
s’è deciso di lasciare
in un canto
l’artiglieria pesante
del devastante antibiotico:
solo tre mitragliate al giorno
di paracetamolo
più
dosi massicce di dolce
far niente,
spalmato, come si dice,
nel corso di settantadue ore.
questa, lo ammetto, è una cura
che non mi dispiace, non
mi preoccupa, non mi fa paura.



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Oh!

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NOI CHE LAVORIAMO

noi che lavoriamo
sotto padrone
sottopagati
sotto pressione
sembriamo spensierati
e distratti
quando camminiamo,
sempre che non siamo
in ritardo.
ma quando c’incrociamo
tra noi
camminando
ci basta uno sguardo
per capire
che, sotto sotto,
stiamo tutti andando
a lavorare
o stiam tornando
da lavorare.
allora, all’improvviso
dalle nostre facce,
ora che ci penso,
sparisce del tutto
quel sorrisetto
senza senso.
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