Roberto Abraham Scaruffi

Friday 3 August 2012


MoviSol - Movimento Internazionale per i Diritti Civili - Solidarietà
Newsletter n. 31/2012
La politica turca (e di Obama) verso la Siria sta per fallire
La politica turca di sostegno al rovesciamento del Presidente siriano Bashar Assad sta per fallire a causa della possibilità concreta che la Siria si divida in enclavi sunnite, alawite e curde se crolla il governo centrale. La prospettiva di uno stato curdo lungo il confine con le province di etnia curda al sud della Turchia, dove il governo combatte il Partito dei Lavoratori del Curdistan (PKK) ha creato una tempesta politica ad Ankara.
Ricordiamo che la moderna nazione turca nacque perché Kemal Mustafa Ataturk combatté una guerra di liberazione per fermare i piani britannici per balcanizzare ulteriormente l'impero ottomano sostenendo gruppi etnici conflittuali che rivendicavano la "Grande Armenia" e il "Grande Curdistan".
Il campanello d'allarme ha suonato quando il leader curdo Massoud Barzani ha rivelato che il suo governo regionale sta addestrando combattenti siriani di etnia curda. Ancor più allarmante è il fatto che ciò era parte di un accordo tra i curdi iracheni e il Partito di Unione Democratica Siriano (PYD) che è notoriamente affiliato al PKK, partito fuorilegge che combatte il governo turco da quattro decenni.
Le dichiarazioni di Barzani hanno irritato il Primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan, che ha evocato minacce di una reazione militare turca se i curdi siriani contemplassero l'idea di un attacco alla Turchia. Il quotidiano di lingua inglese Zaman, che ha finora fiancheggiato il governo, riferisce che il ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu, "architetto di una politica" di rovesciamento del governo siriano, "è al centro di crescenti critiche dopo che la prospettiva di una Siria divisa e una nuova amministrazione curda autonoma vicina al confine turco nella Siria settentrionale ha destato allarme". Gli osservatori, continua il quotidiano, "sono preoccupati che ciò possa sia alimentare il separatismo del PKK in Turchia, sia essere l'inizio della disintegrazione della Siria in un nord curdo, un'enclave alawita attorno a Latakia e una zona araba sunnita".
Il capo dell'opposizione turca, il leader del Partito Repubblicano del Popolo Kemal Kilicdaroglu, ha ammonito che la Turchia ora si trova nei guai. "Non vogliamo che il nostro popolo paghi il prezzo degli interessi occidentali. Non vogliamo che la Turchia sia trascinata nel pantano. In sintesi, non vogliamo la guerra. Dovevamo essere il game-maker nell'area, siamo finiti con l'essere giocati".
"I nazionalisti turchi", scrive il diffusissimo Hurriyet in un editoriale, "sono in agitazione perché le condizioni che Ankara non poteva prevedere o controllare stanno facendo da levatrice per un 'Grande Curdistan', e bombardano il governo e specialmente l'ambiziosissimo ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu con critiche al vetriolo". Se Ankara autorizzasse operazioni militari contro i curdi siriani, ciò potrebbe "trascinare il paese in nuove e indesiderate avventure", "aggravando il problema curdo in Turchia", conclude il giornale.
In un altro articolo, lo stesso giornale sottolinea che nel giro di una settimana la Turchia si è ritrovata con un confine curdo lungo 1.200 chilometri, che comprende i 40 km di confine con il governo regionale curdo in Iraq e gli 800 km di confine con la regione curda della Siria. Se la "primavera araba" diventasse una "primavera curda", ne sarebbero contagiate le province curde del paese, una situazione che "non può essere lasciata alle fantasie di un accademico", in un riferimento a Davutoglu che iniziò la sua carriere come professore universitario.
Una nuova svolta verso Glass-Steagall
È stata raggiunta una nuova fase strategica dopo la svolta globale per Glass-Steagall all'inizio di luglio da parte di ambienti britannici ad alto livello. Alla svolta britannica hanno fatto eco gli Stati Uniti, in cui c'è un nuovo impulso alla campagna già in corso a favore Glass-Steagall. L'indicazione più significativa viene dall'ex capo di Citigroup Sanford Weill, il quale si vantava di essere il "distruttore di Glass-Steagall" e ora se ne è pentito (vedi articolo sotto). La seconda indicazione proviene da Capitol Hill dove, nel corso di due audizioni, l'una in cui il ministro del Tesoro Tim Geithner è finito sulla graticola per la manipolazione del Libor, la seconda in cui si è discusso dei derivati, numerosi congressisti hanno citato l'urgenza di ripristinare la legge Glass-Steagall, e due di loro hanno citato espressamente il disegno di legge in questo senso presentato dalla congressista Marcy Kaptur (H.R. 1489) e di cui sono co-firmatari.
Discutendo coi suoi collaboratori, Lyndon LaRouche ha valutato positivamente questi nuovi sviluppi. Una corrente dell'establishment britannico si è resa conto del fatto che questo sistema finanziario è troppo corrotto, persino i propri gusti. Ha deciso di imprimere una svolta verso il futuro. Tuttavia "Glass-Steagall è indispensabile, ma non sufficiente", ha aggiunto LaRouche. "Glass-Steagall è solo una gamba. Occorre anche l'altra per poter camminare". La seconda gamba è smetterla con l'ambientalismo anti-industriale.
Anche se Glass-Steagall è essenziale e fungerà da "firewall", da muro protettivo per il sistema bancario, deve essere immediatamente seguita dalla creazione di un sistema creditizio e dall'avvio di grossi progetti infrastrutturali, come Nawapa XXI. Ed è proprio l'urgenza di questo programma a tre punti che il comitato politico di LaRouche (LPAC) sta sottolineando con una mobilitazione di due settimane a Washington iniziata il 24 luglio. I dettagli di tale mobilitazione sono disponibili sul sito www.larouchepac.com.
La corrente che spinge per Glass-Steagall è consapevole del fatto che la Casa Bianca di Obama è l'ostacolo da rimuovere. Questa consapevolezza deve condurre ad azioni concrete prima che sia troppo tardi. Il countdown verso una guerra mondiale è già iniziato, ha dichiarato LaRouche, e Obama dimostra di essere il narcisista patologico, simile all'imperatore Nerone, che LaRouche aveva denunciato già 4 anni fa. Obama deve essere destituito prima della Convention democratica in settembre e sostituito con un candidato valido per la corsa alla presidenza. Per questo motivo, LaRouche ha dichiarato che il Congresso non dovrebbe andare in vacanza il 3 agosto, lasciando a Obama campo libero nella sua politica bellica di "cambiamento di regime" per tutto il mese di agosto. Il Congresso dovrebbe prolungare la sessione per "un altro paio di settimane, o anche più se necessario", ha detto LaRouche, perché "la sicurezza degli Stati Uniti non può più tollerare la continuazione di tale politica sotto questa amministrazione".
La partita finale per l'Euro
Il proclama di Mario Draghi a Londra il 25 luglio che la BCE è pronta a difendere l'Euro "a tutti i costi" ricorda i proclami di resistenza all'ultimo sangue lanciati da Hitler nel bunker mentre le truppe sovietiche erano già entrate a Berlino. La disintegrazione dell'Euro è inevitabile perché l'euro non è una vera moneta e ogni misura presa dalle istituzioni e dai governi dell'UE per prolungarne l'esistenza non fa che accelerarne la fine.
E nonostante l'appoggio formale di Hollande e Merkel (che in realtà suonava come una ritirata nella parte in cui si richiamava ogni paese membro a "fare il proprio dovere nella sua area di responsabilità", Draghi non ha eserciti da dispiegare né molte cartucce da sparare per mantenere la "luna promessa", come notava sarcasticamente l'euroscettico Ambrose Evans-Pritchard il 29 luglio.
Per tener fede alla promessa, Draghi ha poche opzioni. La BCE potrebbe acquistare qualche decina di miliardi di titoli spagnoli e italiani - anche un centinaio - sul mercato secondario, per tenere calmi i mercati per un paio di settimane; per far ciò la BCE, che ha poco capitale, deve fare affidamento sull'Eurosistema, e cioè le banche centrali dell'Eurozona. Ma poche ore dopo il proclama di Londra, la Bundesbank ha detto "nein" alla ripresa del programma di acquisto di titoli di stato. Così, se l'opposizione della Bundesbank persiste, alla BCE rimane l'unica opzione di un altro megaprestito alle banche (Long Term Refinancing Operation), le cui dimensioni dovranno essere adeguate al problema, e cioè a partire da un migliaio di miliardi in su. Piccolo problema: la BCE è già piena di collaterale senza valore e le stesse banche da rifinanziare sono a corto di collaterale bancabile, nonostante la BCE abbia abbassato gli standard a BBB-, quasi a livello spazzatura.
Se la BCE non fornisce una significativa massa di liquidità questa settimana, le reazioni euforiche dei mercati che hanno fatto seguito alle dichiarazioni di Draghi si trasformeranno in panic selling e in una reazione a catena che potrebbe seppellire il sistema. D'altro canto, un'ulteriore iniezione di liquidità iperinflazionistica accelererebbe comunque la disintegrazione dell'Euro.
Ci avviciniamo alla battaglia decisiva. Da una parte i popoli e le nazioni, e dall'altra un sistema finanziario marcio che vuole sacrificare i primi per sopravvivere. Wall Street, la City di Londra e gli Eurofanatici segnalano l'intenzione di imporre una dittatura. Essi sono pronti a giocare la carta del caos, spingere la crisi agli estremi per ottenere le riforme politiche desiderate: un bilancio sovranazionale, l'unione bancaria e un debito comune. La recente decisione di Moody's di mettere sotto osservazione il rating della Germania potrebbe essere un elemento di tale strategia.
Lunedì 30 luglio, il segretario al Tesoro USA Tim Geithner, ancora scottato dall'audizione sulla truffa del Libor, è volato all'isola di Sylt, in Germania, per parlare col collega tedesco Schaeuble prima di recarsi da Draghi a Francoforte. Geithner potrebbe avere assicurato a Draghi il sostegno finanziario della Fed, che non ha problemi di statuto, nel caso che la BCE non riesca a togliersi i lacciuoli. Geithner era stato preceduto da altri due alfieri dell'oligarchia finanziaria che il giorno prima hanno dato fiato alle trombe: Tony Blair e Jean-Claude Juncker. Blair ha dato un'intervista al tabloid tedesco Bild in cui ha esortato gli europei a raggiungere un'intesa politica "su tutte le decisioni necessarie da prendere per salvare l'Euro". Juncker ha lanciato improperi contro il governo tedesco, accusandolo di "trattare l'UE come una succursale". Va da sé che questa entrata a gamba tesa ha avuto l'effetto opposto a quello desiderato.
Non solo nei commenti dei lettori online si registra una rivolta universale contro l'arroganza di tali amministratori di paradisi fiscali, ma fa testo un editoriale comparso sul Welt am Sonntag. "Al più tardi a partire dalla scorsa settimana, è diventato chiaro - scrive il giornale dell'establishment moderato - che l'Europa politica ha superato i limiti della propria abilità di funzionare. La dichiarazione congiunta di Hollande e Merkel (...) non era altro che un atto di disperazione". "Si potrebbe dire - continua - che siamo alla capitolazione. Ognuno deve vedere di cavarsela da solo". Negli undici anni sotto l'Euro, il divario economico tra nord e sud è aumentato invece di diminuire, e "in queste condizioni, una moneta comune non ha alcun senso".
PETIZIONE STRATEGICA
Proposta di legge Glass-Steagall: Il Senato agisca subito!
Il ddl n. 3112 presentato da Oskar Peterlini con la firma di numerosi altri Senatori che rappresentano i vari gruppi parlamentari all'interno del Senato propone di separare le banche commerciali dalle banche d'affari per isolare le attività finanziarie ordinarie dalla bisca speculativa sui mercati internazionali.
Da anni ai contribuenti si chiede di pagare per i salvataggi bancari - in modo sia diretto che indiretto - con la conseguenza che l'economia reale e il tenore di vita della popolazione continuano a crollare, mentre si fà di tutto per tentare di salvare la bolla basata su un debito speculativo impagabile.
Una netta separazione tra i due tipi di attività finanziarie permetterà la creazione di un sistema creditizio in grado di fornire i finanziamenti necessari per le famiglie e le imprese, lasciando invece al suo destino la finanza speculativa.
Chiediamo al Presidente del Senato Renato Schifani e al Presidente della Commissione Finanze Mario Baldassarri (quest'ultimo già firmatario del ddl Peterlini) di iniziare subito l'iter parlamentare per l'approvazione della proposta di legge sul modello Glass-Steagall, aprendo la discussione in Commissione con un ampio coinvolgimento di rappresentanti della società e dell'economia reale.
Non ci illudiamo che l'attuale Governo dei tecnici intenda mettersi contro il sistema delle banche centrali e dei loro soci nelle grandi banche internazionali, ma come avviene in altri paesi quali gli USA e la Francia, sta ai cittadini esercitare pressioni e costringere le istituzioni ad assumersi le loro responsabilità.