Il
2013 rischia di essere un anno di elezioni segnate dall'incertezza.
Poiché ad affiancarsi al quadro italiano, alquanto imprevedibile e già
destinato a una soluzione di emergenza quale potrebbe essere il governo
Monti-bis, si sta delineando in Germania il profilo, indigesto
all'elettorato, di una nuova Große Koalition, una formula che i tedeschi
conoscono sin dalla Repubblica di Weimar e che ha storicamente
determinato la divisione a sinistra fra i socialisti riformisti della
SPD e l'ala movimentista rivoluzionaria.
Lo scorso 28 Settembre la SPD ha scelto il proprio candidato Kanzler
per le politiche del 2013. Non si tratta né di un giovane né di un
riformista vero e proprio. Il suo nome è Peer Steinbrueck. Ha 65 anni ed
ha già avuto esperienza di governo proprio durante l'ultima delle Große
Koalition, quella del quadriennio 2005-2009, come ministro delle
Finanze. Steinbrueck è forse il più forte esponente della corrente del
rigorismo finanziario che si trovi nel partito socialista tedesco. E' un
centrista, ambisce a governare mediante una alleanza con i Verdi e con
il minuscolo partito liberale, mettendo la SPD in una posizione molto
simile a quella dell'omologo partito italiano (intendo il PD, che
appunto vorrebbe farsi trait d'union fra la sinistra vendoliana e i
centristi di Casini).
La
sua candidatura è stata selezionata con un metodo alquanto tradizionale
e in controtendenza rispetto alla domanda di maggior partecipazione che
le opinioni pubbliche europee stanno esprimendo in vari modi (dagli
indignados di 25s al Piratenpartei), ovvero con un direttivo di partito.
Un negoziato a porte chiuse, mentre la base chiedeva una consultazione
allargata agli elettori con primarie aperte. Avrebbe allora vinto il
segretario, Sigmar Gabriel, mentre le argomentazioni di
Steinbrueck sarebbero state troppo poco distinguibili dai falchi del
governo Merkel e della Buba. Steinbrueck è un compromesso. I sondaggi
danno la SPD al 29% mentre il binomio CDU-CSU si attesterebbe intorno a
un modesto 35%. Un divario troppo grande da colmare soltanto con
l'alleanza a sinistra. Steinbrueck si è caratterizzato in senso
centrista, con il fine di spodestare Merkel e i crisitano-democratici
dal monopolio della rappresentanza dell'elettorato moderato, ostile a
forme di condivisione del debito europeo e alla perdita di sovranità in
materia finanziaria e fiscale.
Steinbrueck
è stato appunto ministro delle finanze durante la crisi dei Mutui
Subprime. Ha gestito il crollo del PIL del 2008 e del 2009 raggiungendo
il pareggio di bilancio (il rapporto deficit/PIL della Germania nel 2008
era positivo, +0.2% , e solo dello -0.1% nel 2009). Insomma, un osso
duro, che non è del tutto favorevole agli eurobond - ritenuta materia da
evitare con cura durante la campagna elettorale - ma sembra esser
favorevole a sistemi di responsabilizzazione delle banche e alla
divisione fra banche d'affari e banche di credito. La retorica punitiva
contro i banksters, d'altronde, ha forte presa sull'elettorato di
sinistra. Ritenuto a torto un "montiano", Steinbrueck - quando era
ministro - non ha lesinato aiuti di Stato
per salvare una banca tedesca, la IKB,
specializzata nel credito alle PMI. Essendo un uomo molto pratico, ha
immediatamente capito che se avesse lasciato la IKB in preda ai
Subprime, avrebbe causato un danno alle imprese, e quindi ai lavoratori.
Salvando la IKB ha mostrato di aver compreso meglio di altri, ad
esempio Schauble, la situazione finanziaria del dopo Lehman-Brothers.
Egli ha effettivamente accompagnato politiche espansive al rigorismo di
bilancio. Molto prima (e meglio) di Monti.