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Con 150mila euro il Pd è quello che propone il seggio più caro. Segue la Lega, che ne chiede 145mila. Forza Italia si accontenta di 70mila. Ecco il “tariffario” della democrazia in Italia, dove dal 2008 – complici Porcellum e listini bloccati – tutti i partiti impongono una tassa sullo scranno. Le chiamano “erogazioni liberali”, anche se quei contributi sono condizione stessa di candidatura, in forza di scritture private e contratti. Chi non sottoscrive decade dalla lista. L’eletto che non versa viene deferito alle “commissioni di garanzia” e non ricandidato. Così i partiti si vendono i seggi alla luce del sole. E poi li vincolano con statuti, regolamenti e “codici etici” di Thomas Mackinson