Roberto Abraham Scaruffi

Sunday, 28 April 2013


Feeds:
 
Articoli
 
Commenti

Scor-data doppia: 30 aprile 1966 e 1945

Una curiosa scor-data: la data del 30 aprile accomuna la scomparsa, nel 1966, di Richard Fariña (nato nel 1937) e la nascita, nel 1945, di Mimi Fariña (morta nel 2001). Marito e moglie.
di Franco Minganti   
Per un pelo, un frammento di «Been Down So Long It Looks Like Up to Me»(1966) non era entrato nel numero 50 di «Carte Segrete» dedicato al “nuovo romanzo americano”, che conteneva pagine inedite di 19 scrittori americani contemporanei mai tradotti in italiano. Correva l’anno 1979, se non ricordo male, e Franco La Polla aveva curato il numero mentre io mi ero occupato delle traduzioni.
Sono quasi sicuro di avere ancora da qualche parte i miei dattiloscritti ingialliti – eh già, all’epoca si usava ancora la macchina da scrivere (una pesantissima e poco portatile Olivetti Studio, nel mio caso) – sia quelli relativi agli autori finiti sulla rivista, sia quelli relativi a parecchi altri poi esclusi per contenere il numero delle pagine. Così come sono sicuro di aver tradotto per l’occasione alcuni stralci di quel giovane romanziere che di nome faceva Richard Fariña e il cui libro aveva quel titolo così inconsueto (diventato, nella versione italiana, un perfettibile «Così giù che mi sembra di star su»). Anche la copertina del paperback che avevo recuperato, che si faceva immediatamente notare sugli scaffali delle librerie, la diceva lunga su quanto fosse “alternativo” quel romanzo: su un ampio sfondo bianco, accanto al titolo dattiloscritto in caratteri minuscoli, si stagliava il profilo di una ragazza nuda, in b&n, su cui prendevano vita, come lillipuziani su Gulliver, delle figurine stilizzate, disegnate a colori sgargianti. [vedi la prima immagine in coda]
Dovevano essere i giovani studenti universitari le cui storie si intrecciavano in quel particolare campus novel per offrire uno spaccato delle trasformazioni generazionali degli anni cinquanta-sessanta fra i più interessanti che avessi mai letto.
Di sicuro, all’epoca non sapevo che l’autore fosse grande amico di Bob Dylan e di Thomas Pynchon, né che fosse scomparso poco dopo l’uscita del suo romanzo d’esordio – pensate la fatalità: era morto in un incidente di motocicletta la sera stessa del party con cui festeggiava l’uscita del suo libro, che poi era anche il giorno del 21mo compleanno della moglie. Non sapevo che Mimi Fariña fosse la sorella minore di Joan Baez, né tantomeno che Richard & Mimi avessero calcato – con un certo successo, fra l’altro – le scene del folk revival (per intenderci, così i club del Greenwich Village, così un palcoscenico significativo come quello del Festival di Newport).
Attualmente sto insegnando un corso dedicato a quegli scenari culturali – in estrema sintesi, da Woody Guthrie a Bob Dylan passando per la storica «Anthology of American Folk Music» di Harry Smith – e da mesi sono concentrato sui relativi materiali (dischi, saggi, romanzi, film). Richard e Mimi sono solo una nota a pie’ di pagina del seminario, ma quando sono brevemente apparsi nelle immagini di «Festival» (1967), il bel documentario di Murray Lerner sul festival folk di Newport, non ho potuto fare a meno di raccontare qualcosa di loro ai miei studenti. Dal 2001 sappiamo tutti qualcosa di più di loro, dopo l’uscita del bel libro di David Hajdu intitolato, rubando qualcosina a Dylan, «Positively 4th Street»Il sottotitolo originale «The Lives and Times of Joan Baez, Bob Dylan, Mimi Baez Fariña and Richard Fariña» chiarisce l’intento dell’autore: raccontare, attraverso le vicende personali dei quattro protagonisti, gli ambienti e i tempi del folk revival e dell’America delle lotte per i diritti civili (il titolo dell’edizione italiana “interpreta” banalizzando almeno un po’: «Positively 4th Street. Come quattro ragazzi hanno cambiato la musica. Joan Baez, Bob Dylan, Mimi Baez Fariña, Richard Fariña»).
Quella doppia coppia ha costituito per qualche tempo una specie di universo conchiuso, nel pubblico come nel privato, anche se ognuno dei protagonisti era davvero una costellazione a sé stante, quanto a personalità e scommesse artistiche. Pianeti che si attraevano e si allontanavano senza posa lungo orbite affettive e non poco nevrotizzate… quantomeno a vederle a posteriori, da fuori. Scontri e rivoluzioni, influenze e influssi, frustrazioni e gelosie. Joan la superstar indiscussa, Mimi la sorellina, artisticamente parlando, inevitabilmente in ombra. Mimi giovanissima, bellissima e corteggiatissima, Joan almeno un poco invidiosa. Bob che sogna di fare lo scrittore, Richard che sogna il palcoscenico. Richard che diventa romanziere, Bob che si trasforma nell’icona globale del folksinger.
In vita, Richard è conosciuto soprattutto per essere un personaggio quantomeno originale: è eccentrico, egocentrico il giusto, ed è sicuramente dotato di fantasia, ambizione e coinvolgente intraprendenza. Sa scrivere e pubblica poesie sulle rivistine letterarie del campus quando è studente a Cornell. Fra tutti i giovani, in grandissima parte proprio studenti, che si sono buttati a suonare chitarra, banjo e violino sull’onda – certamente in parte anche modaiola – del folk revival, sospinti dalle varie anime di una ricerca di autenticità, eguaglianza e diritti civili, lui ha imbracciato lo strumento più radicale e più snob insieme, il dulcimer degli Appalachi, cordofono che affonda le sue radici nel salterio dell’Europa medievale e/o nei suoi derivati, vuoi la francese spinetta dei Vosgi, vuoi un analogo strumento scandinavo suo antenato. Epperò non lo suona come Jean Ritchie, la più famosa interprete dello strumento, bensì come una specie di virtuoso del rock. Se Hajdu la racconta giusta, è Richard a introdurre la nascente scena folk del Greenwich Village ai poliritmi della musica cubana e alle gighe irlandesi cui cerca di adattare il dulcimer, la cui tradizione pare non interessargli proprio: lui ne sperimenta le potenzialità percussive usando una penna da chitarrista e una bacchetta del ristorante cinese.
Richard viene risucchiato nel vortice della scena musicale dopo aver sposato Carolyn Hester, probabilmente la più dotata fra le cantautrici folk del momento, Joan Baez inclusa, due settimane appena dopo averla conosciuta. Inizia anche a salire sul palcoscenico con lei, non tanto per imbracciare il dulcimer, quanto per leggere poesie e improvvisare monologhi da standup comedian. Attraverso Eric Von Schmidt – un bravo folksinger e pittore, autore della copertina originale del volume di Hajdu, di fatto la locandina per un concerto di Bob Dylan & Joan Baez [vedi la seconda immagine in coda] – Richard conosce Dylan e i due fanno amicizia, o quantomeno si incuriosiscono l’uno delle attività e delle idee dell’altro. In quel periodo le loro sono vite intense, vissute un po’ nevroticamente, sempre in movimento fra New York, Boston, la California e l’Europa, soprattutto Londra e Parigi. I rapporti affettivi vengono messi a dura prova e galeotto si rivela un casuale incontro proprio nella capitale francese, dove la più giovane delle sorelle Baez sta passando un anno di studio: Richard si invaghisce di Mimi, contemporaneamente staccandosi da Carolyn, con cui certi dissapori, anche artistici, si sono fatti insanabili.
La nuova coppia diviene rapidamente una specie di icona generazionale: sono belli, giovani e creativi. Cantano e suonano bene e portano un po’ di aria fresca su quella scena folk che ha già iniziato a mettere in circolo troppi cloni noiosi delle poche icone stellari affermate. Là dove ora Bob e Joan iniziano a fuggire la popolarità e a rifugiarsi nei boschi della California, Richard e Mimi si danno da fare per cogliere l’attimo, per inseguire il successo. Nell’autunno del 1964 incidono finalmente il loro primo disco,«Celebrations for a Grey Day», che contiene il loro pezzo probabilmente più famoso, «Pack up Your Sorrows», entrato rapidamente nel repertorio di un sacco di artisti (andate ad ascoltarvelo su YouTube – qui c’è una versione live con Pete Seeger che ospita i due nel suo programma tv Rainbow Quest:http://www.youtube.com/watch?v=LmHjJw8Kefc – e fateci caso: pare proprio che la musica sia stata poi clonata per dare vita a una delle canzoni “originali” di «Nashville», il bellissimo film di Robert Altman). Anticipando la “svolta elettrica” di Dylan, è Richard a sostenere e praticare la fusione del folk acustico, secondo lui un linguaggio musicale troppo limitato, con le sonorità elettrificate del blues e pattern ritmici più articolati e complessi.
Nei due anni successivi, fino all’incidente fatale, Richard e Mimi fanno concerti e piccoli tour, attirano le attenzioni di pubblico e critica, finiscono, come detto, a Newport, incidono ancora altri dischi, mentre Richard riesce finalmente a completare il suo progetto di romanzo (del suo secondo libro, quello che lui stesso aveva annunciato a Jim Silberman, suo editor alla Random House, come un memoir della vita intrecciata con Joan, Mimi e Bob, non si è mai trovata traccia).
A molti anni di distanza dalla pubblicazione è uscita un’edizione con l’introduzione di Thomas Pynchon, l’inafferrabile primula rossa del romanzo americano – la primula per eccellenza essendo J. D. Salinger, naturalmente. In una delle sue poche uscite “pubbliche”, sia pure a stampa, ci raccontava della sua amicizia con Richard, nata nel 1958 sul campus di Cornell, dove “Tom” faceva il vicedirettore del «Cornell Writer», la rivistina letteraria dell’università. Di Richard era diventato una specie di fan/mentore e ne apprezzava l’originalità e l’integrità intellettuale: a chi salterebbe in mente di far morire il protagonista principale della storia? Quello del romanzo di Richard è uno studente universitario greco-americano che impara l’arte di galleggiare nella società attraverso i modi della strada e il ricorso alla propria coolness, un senso di immunità che si è trasformato in una sorta di karma personale. Pynchon racconta di come il rock’n’roll e il folk condividessero la scena e di come l’attenzione di Richard fosse stata catturata da forme musicali più tradizionalmente americane come il jazz e il blues, oltre che dal Kurt Weill delle collaborazioni brechtiane e, quando si trattava di muovere le gambe, dai ritmi latinoamericani. Doveva avere buoni cromosomi: Pynchon scrive che, di madre irlandese e padre cubano, «Fariña ballava uno strano paso doble che da allora non ho più visto e sulla cui autenticità non potrei giurare. Ma le donne con cui ballava, sia pure di tanto in tanto perplesse, mostravano di divertirsi, il che è tutto dire».
R.i.p., Mimi & Richard.
PS: Mimi è scomparsa nel 2001. Smaltito lo choc della scomparsa del marito, aveva ripreso con la musica e aveva fondato Bread & Roses,un’organizzazione nonprofit la cui ragione sociale era portare gratuitamente musica e spettacoli vari in istituzioni come ospedali, prigioni, riformatori, ricoveri per anziani. A fine anni ottanta aveva fatto coppia con Pete Sears (rocker inglese attivissimo sulla scena americana) per esibirsi in concerti di beneficenza a sostegno dei diritti umani in America Centrale e per protestare contro l’intervento statunitense in Guatemala e El Salvador.