Roberto Abraham Scaruffi

Friday, 2 December 2011


MoviSol - Movimento Internazionale per i Diritti Civili - Solidarietà
Newsletter n. 48/2011
Conto alla rovescia verso la guerra mentre cresce la resistenza
Da quando, alla fine di ottobre, Lyndon LaRouche ha lanciato l'allarme per il pericolo della terza guerra mondiale, la situazione strategica mondiale è decisamente peggiorata. Il Sud Est Asiatico sta diventando sempre più la polveriera che minaccia di far scoppiare una conflagrazione che si diffonderebbe rapidamente al mondo intero. Allo stesso tempo, si moltiplicano gli allarmi da parte di forze sane in numerosi paesi.
Purtuttavia Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e altri paesi occidentali continuano a preparare un intervento militare contro la Siria e un attacco preventivo contro l'Iran, possibilmente tramite Israele. Allo stesso tempo, la situazione in Egitto e Turchia è altamente instabile. L'amministrazione Obama ha sollecitato i cittadini americani ad abbandonare la Siria, dopo aver richiamato l'ambasciatore e aver ridispiegato la portaerei George H.W. Bush nel Mediterraneo orientale.
In risposta, la Russia ha dispiegato tre navi in vicinanza delle coste siriane. Secondo ambienti diplomatici, Mosca ha deciso una mossa del genere presumendo che ci siano a Washington teste fredde che vogliono evitare il rischio di uno scontro strategico con la Russia e si muoveranno per neutralizzare i piani di Obama.
In Europa, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno ufficialmente dichiarato che non rispetteranno più il Trattato sulle Forze Convenzionali in Europa (CFE) perché, dicono, la Russia avrebbe già cessato di farlo. Nel 2007 la Russia ha sospeso l'applicazione del CFE dopo che era stato annunciato che la NATO avrebbe installato sistemi antimissile ai confini della Russia in Europa orientale (tra l'altro, nessun paese NATO ha mai ratificato il trattato).
Così, gli USA e la Gran Bretagna cesseranno di comunicare informazioni sui loro dispiegamenti militari, avendo così un pretesto per mascherare i preparativi di un attacco militare alla Siria, possibilmente condotto da una formazione della NATO ai confini meridionali della Russia.
Chiaramente, il Presidente Medvedev ha capito il pericolo. In un discorso televisivo alla nazione il 23 novembre, egli ha detto che la Russia dispiegherà missili Iskander a breve raggio nella regione di Kaliningrad, la più prossima all'Europa, e collocherà armi in altre aree della Russia occidentale e meridionale se non sarà raggiunto un accordo sui sistemi di difesa antimissile in Europa. Medvedev ha aggiunto che i missili strategici nucleari russi saranno equipaggiati con sistemi che permetteranno loro di penetrare le future difese antimissile occidentali.
Per l'autorevole giornalista Maxim Shevchenko, le affermazioni di Medvedev indicano che la leadership russa è pienamente consapevole del fatto che, mentre la Siria sembra essere l'obiettivo dell'occidente, è la Russia il bersaglio della NATO. "Una nuova guerra è quasi inevitabile" è il titolo del suo articolo.
Il governo russo ha anche espresso con chiarezza la sua opposizione a nuove sanzioni contro la Siria e contro un intervento militare.
Fortunatamente, mentre la spinta dell'Impero verso la guerra diventa sempre più chiara, emerge una crescente resistenza negli Stati Uniti, specialmente tra ambienti militari che sanno bene che una guerra del genere, oltre ad essere contro gli interessi nazionali, non si può vincere. Allo stesso tempo, ci sono stati attacchi multipli al taglio ovviamente politico del rapporto dell'IAEA sul programma nucleare iraniano, che viene usato come pretesto per un attacco a Teheran.
Anche il governo e i vertici delle forze armate cinesi hanno segnalato di vedere un attacco alla Siria e all'Iran come un attacco contro la Cina e la Russia.
Entrambi i paesi collocano la campagna militare nel contesto del crollo del sistema finanziario transatlantico. Lo ha riassunto bene il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov il 22 novembre, dicendo: "Non escludo che i processi economici stiano spostando l'asse dello sviluppo globale in un'altra regione, e cioè nella regione Asia-Pacifico, dove ci sono nuovi e potenti centri di crescita economica come Cina, India e Brasile. Probabilmente, qualcuno nell'occidente considera ciò una tendenza negativa".
L'attacco alla sovranità suscita una tempesta politica in Irlanda
Il 17 novembre l'agenzia stampa Reuters ha riferito che la documentazione sui piani del governo irlandese per la finanziaria 2012, che include aumenti delle tasse e tagli al bilancio, è stata esaminata dal Parlamento tedesco (Bundestag) prima ancora di essere presentata al Parlamento irlandese! A quanto pare, la Commissione Europea ha inoltrato il documento al governo tedesco, che l'ha quindi presentato alla Commissione Bilancio del Bundestag che, stando alla legge tedesca, deve essere informata di tutte le questioni che riguardano l'European Financial Stability Facility (il fondo salva-euro), anche se riguardano documenti confidenziali di un altro paese.
Il leader di Sinn Fein Gerry Adams ha denunciato immediatamente la cosa: "È un altro esempio di come venga ceduta ad altri la sovranità del nostro stato", ha dichiarato al Parlamento irlandese. "Edna Kenny (il Premier) deve venire al Dáil e spiegarci come mai questi documenti vengano discussi da una commissione bilancio tedesca prima che il loro contenuto sia stato reso noto al Parlamento irlandese. Inoltre, apprendiamo da fonti tedesche che il governo intende aumentare l'IVA al 23%, imponendo un fardello insopportabile alle famiglie e danneggiando il settore commerciale già duramente depresso. Verrà adottata una tassa sui nuclei familiari, un'altra indicazione che questo governo ha perso la bussola e non è più in contatto con la realtà della vita della gente. Ci sono famiglie che a stento riescono a pagare il mutuo della casa, mantenere i figli all'università e mettere il cibo sulla tavola e ora viene loro chiesto di pagare un'altra flat tax".
Lo scalpore suscitato dalla notizia in Irlanda ha costretto il governo (composto dal Fine Gael e dal partito laburista) a presentare una protesta formale alla Commissione Europea, ed ha anche indotto il ministro delle Finanze irlandese Michael Noonan a sollevare lo spettro di un referendum se la Commissione cercherà di usurpare altri poteri sovrani dei governi nazionali, come ha proposto recentemente Josè Manuel Barroso.
Riferendosi alle nuove regole fiscali che la Commissione intende far approvare alla Corte Europea, Noonan ha ammonito che tali nuove regole dovranno essere sottoposte alla Corte Costituzionale irlandese, che insisterebbe su un referendum. Tuttavia, ha detto "abbiamo indicato alle autorità europee che sarà difficile che il pubblico irlandese approvi un referendum su un cambiamento del trattato".
Al contempo Noonan ha chiesto all'UE una remissione del debito, soprattutto per il fatto che gli irlandesi devono pagare non il debito sovrano, ma il debito del settore bancario privato in Europa. "Sopportiamo un fardello non dovuto per proteggere dal contagio il sistema bancario europeo", ha dichiarato Noonan. "Stiamo cercando modi per ridurre il debito. Vorremmo che anche i nostri colleghi europei affrontassero la questione in maniera positiva. Ogni volta che c'è un debitore incauto, c'è anche un creditore incauto " ha detto, alludendo alle banche tedesche, francesi, britanniche e olandesi.
Noonan si riferisce in particolare, tra gli altri debiti che l'Irlanda si è vista costretta a garantire, al credito di 31 miliardi di Euro dell'UE legato alla bancarotta della banca Anglo-Irish. Noonan ha dichiarato che l'Irlanda non ha "piani di contingenza dettagliati" per un'uscita dall'Eurozona, aggiungendo "ovviamente ci abbiamo pensato, ma è una possibilità molto remota" ha dichiarato.
Sconfitta sonora per i verdi in Germania
La buona notizia è che nel referendum nello stato del Baden-Wuerttemberg che si è tenuto il 25 novembre, una chiara maggioranza degli elettori ha votato a favore del progetto infrastrutturale "Stuttgart 21", uno snodo cruciale per l'alta velocità ferroviaria tedesca e transeuropea, che i verdi hanno combattuto con manifestazioni e proteste anche violente negli ultimi 14 mesi. Il risultato è inequivocabile: il 58,8% ha detto "no" e il 41,2% "sì" all'abrogazione del progetto per una stazione ferroviaria sotterranea. Anche nella "verde" Stoccarda il 52,9% ha votato "no" e il 47,1% "sì".
Si tratta di una grossa sconfitta per gli ambientalisti, che grazie all'isteria mediatica su Fukushima avevano vinto le elezioni dello stato lo scorso marzo, che sicuramente avrà ripercussioni a livello nazionale.