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Internazionale per i Diritti Civili - Solidarietà
Newsletter n. 48/2011
Newsletter n. 48/2011
Conto alla rovescia verso la guerra mentre cresce la
resistenza
Da quando, alla fine di ottobre, Lyndon LaRouche ha lanciato
l'allarme per il pericolo della terza guerra mondiale, la situazione strategica
mondiale è decisamente peggiorata. Il Sud Est Asiatico sta diventando sempre più
la polveriera che minaccia di far scoppiare una conflagrazione che si
diffonderebbe rapidamente al mondo intero. Allo stesso tempo, si moltiplicano
gli allarmi da parte di forze sane in numerosi paesi.
Purtuttavia Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia e altri paesi
occidentali continuano a preparare un intervento militare contro la Siria e un
attacco preventivo contro l'Iran, possibilmente tramite Israele. Allo stesso
tempo, la situazione in Egitto e Turchia è altamente instabile.
L'amministrazione Obama ha sollecitato i cittadini americani ad abbandonare la
Siria, dopo aver richiamato l'ambasciatore e aver ridispiegato la portaerei
George H.W. Bush nel Mediterraneo orientale.
In risposta, la Russia ha dispiegato tre navi in vicinanza
delle coste siriane. Secondo ambienti diplomatici, Mosca ha deciso una mossa del
genere presumendo che ci siano a Washington teste fredde che vogliono evitare il
rischio di uno scontro strategico con la Russia e si muoveranno per
neutralizzare i piani di Obama.
In Europa, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna hanno
ufficialmente dichiarato che non rispetteranno più il Trattato sulle Forze
Convenzionali in Europa (CFE) perché, dicono, la Russia avrebbe già cessato di
farlo. Nel 2007 la Russia ha sospeso l'applicazione del CFE dopo che era stato
annunciato che la NATO avrebbe installato sistemi antimissile ai confini della
Russia in Europa orientale (tra l'altro, nessun paese NATO ha mai ratificato il
trattato).
Così, gli USA e la Gran Bretagna cesseranno di comunicare
informazioni sui loro dispiegamenti militari, avendo così un pretesto per
mascherare i preparativi di un attacco militare alla Siria, possibilmente
condotto da una formazione della NATO ai confini meridionali della Russia.
Chiaramente, il Presidente Medvedev ha capito il pericolo. In
un discorso televisivo alla nazione il 23 novembre, egli ha detto che la Russia
dispiegherà missili Iskander a breve raggio nella regione di Kaliningrad, la più
prossima all'Europa, e collocherà armi in altre aree della Russia occidentale e
meridionale se non sarà raggiunto un accordo sui sistemi di difesa antimissile
in Europa. Medvedev ha aggiunto che i missili strategici nucleari russi saranno
equipaggiati con sistemi che permetteranno loro di penetrare le future difese
antimissile occidentali.
Per l'autorevole giornalista Maxim Shevchenko, le affermazioni
di Medvedev indicano che la leadership russa è pienamente consapevole del fatto
che, mentre la Siria sembra essere l'obiettivo dell'occidente, è la Russia il
bersaglio della NATO. "Una nuova guerra è quasi inevitabile" è il titolo del suo
articolo.
Il governo russo ha anche espresso con chiarezza la sua
opposizione a nuove sanzioni contro la Siria e contro un intervento militare.
Fortunatamente, mentre la spinta dell'Impero verso la guerra
diventa sempre più chiara, emerge una crescente resistenza negli Stati Uniti,
specialmente tra ambienti militari che sanno bene che una guerra del genere,
oltre ad essere contro gli interessi nazionali, non si può vincere. Allo stesso
tempo, ci sono stati attacchi multipli al taglio ovviamente politico del
rapporto dell'IAEA sul programma nucleare iraniano, che viene usato come
pretesto per un attacco a Teheran.
Anche il governo e i vertici delle forze armate cinesi hanno
segnalato di vedere un attacco alla Siria e all'Iran come un attacco contro la
Cina e la Russia.
Entrambi i paesi collocano la campagna militare nel contesto
del crollo del sistema finanziario transatlantico. Lo ha riassunto bene il
ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov il 22 novembre, dicendo: "Non escludo
che i processi economici stiano spostando l'asse dello sviluppo globale in
un'altra regione, e cioè nella regione Asia-Pacifico, dove ci sono nuovi e
potenti centri di crescita economica come Cina, India e Brasile. Probabilmente,
qualcuno nell'occidente considera ciò una tendenza negativa".
L'attacco alla sovranità suscita una tempesta politica in
Irlanda
Il 17 novembre l'agenzia stampa Reuters ha riferito che
la documentazione sui piani del governo irlandese per la finanziaria 2012, che
include aumenti delle tasse e tagli al bilancio, è stata esaminata dal
Parlamento tedesco (Bundestag) prima ancora di essere presentata al Parlamento
irlandese! A quanto pare, la Commissione Europea ha inoltrato il documento al
governo tedesco, che l'ha quindi presentato alla Commissione Bilancio del
Bundestag che, stando alla legge tedesca, deve essere informata di tutte le
questioni che riguardano l'European Financial Stability Facility (il fondo
salva-euro), anche se riguardano documenti confidenziali di un altro paese.
Il leader di Sinn Fein Gerry Adams ha denunciato immediatamente
la cosa: "È un altro esempio di come venga ceduta ad altri la sovranità del
nostro stato", ha dichiarato al Parlamento irlandese. "Edna Kenny (il Premier)
deve venire al Dáil e spiegarci come mai questi documenti vengano discussi da
una commissione bilancio tedesca prima che il loro contenuto sia stato reso noto
al Parlamento irlandese. Inoltre, apprendiamo da fonti tedesche che il governo
intende aumentare l'IVA al 23%, imponendo un fardello insopportabile alle
famiglie e danneggiando il settore commerciale già duramente depresso. Verrà
adottata una tassa sui nuclei familiari, un'altra indicazione che questo governo
ha perso la bussola e non è più in contatto con la realtà della vita della
gente. Ci sono famiglie che a stento riescono a pagare il mutuo della casa,
mantenere i figli all'università e mettere il cibo sulla tavola e ora viene loro
chiesto di pagare un'altra flat tax".
Lo scalpore suscitato dalla notizia in Irlanda ha costretto il
governo (composto dal Fine Gael e dal partito laburista) a presentare una
protesta formale alla Commissione Europea, ed ha anche indotto il ministro delle
Finanze irlandese Michael Noonan a sollevare lo spettro di un referendum se la
Commissione cercherà di usurpare altri poteri sovrani dei governi nazionali,
come ha proposto recentemente Josè Manuel Barroso.
Riferendosi alle nuove regole fiscali che la Commissione
intende far approvare alla Corte Europea, Noonan ha ammonito che tali nuove
regole dovranno essere sottoposte alla Corte Costituzionale irlandese, che
insisterebbe su un referendum. Tuttavia, ha detto "abbiamo indicato alle
autorità europee che sarà difficile che il pubblico irlandese approvi un
referendum su un cambiamento del trattato".
Al contempo Noonan ha chiesto all'UE una remissione del debito,
soprattutto per il fatto che gli irlandesi devono pagare non il debito sovrano,
ma il debito del settore bancario privato in Europa. "Sopportiamo un fardello
non dovuto per proteggere dal contagio il sistema bancario europeo", ha
dichiarato Noonan. "Stiamo cercando modi per ridurre il debito. Vorremmo che
anche i nostri colleghi europei affrontassero la questione in maniera positiva.
Ogni volta che c'è un debitore incauto, c'è anche un creditore incauto " ha
detto, alludendo alle banche tedesche, francesi, britanniche e olandesi.
Noonan si riferisce in particolare, tra gli altri debiti che
l'Irlanda si è vista costretta a garantire, al credito di 31 miliardi di Euro
dell'UE legato alla bancarotta della banca Anglo-Irish. Noonan ha dichiarato che
l'Irlanda non ha "piani di contingenza dettagliati" per un'uscita dall'Eurozona,
aggiungendo "ovviamente ci abbiamo pensato, ma è una possibilità molto remota"
ha dichiarato.
Sconfitta sonora per i verdi in Germania
La buona notizia è che nel referendum nello stato del
Baden-Wuerttemberg che si è tenuto il 25 novembre, una chiara maggioranza degli
elettori ha votato a favore del progetto infrastrutturale "Stuttgart 21", uno
snodo cruciale per l'alta velocità ferroviaria tedesca e transeuropea, che i
verdi hanno combattuto con manifestazioni e proteste anche violente negli ultimi
14 mesi. Il risultato è inequivocabile: il 58,8% ha detto "no" e il 41,2% "sì"
all'abrogazione del progetto per una stazione ferroviaria sotterranea. Anche
nella "verde" Stoccarda il 52,9% ha votato "no" e il 47,1% "sì".
Si tratta di una grossa sconfitta per gli ambientalisti, che
grazie all'isteria mediatica su Fukushima avevano vinto le elezioni dello stato
lo scorso marzo, che sicuramente avrà ripercussioni a livello nazionale.