OGGI IN EDICOLA
PRIMA PAGINA
Coney Island Lou - di Camillo Langone
Arcipoeta, e nerissimo, è stato Lou Reed. E non provatevi a ridurlo al suo catalogo intimo
Vèstiti, ma da uomo - di Annalena
Le caviglie nude e gli stivaletti che fanno scontrare i grandi amori con il sospetto di realtà
SECONDA PAGINA
Da Rete 4 a Happy days, con Renzi si riposizionano “i comodacci propri”
di Pietrangelo Buttafuoco
Passeggiate Romane
Le mosse pugliesi di D’Alema per diventare il numero due del Pd
ANALISI
La middle class argentina toglie l’egemonia al “clan Kirchner” - di Angela Nocioni
Cristina deve fare i conti con un rivale forte e con i guai valutari. Basta visitare Clorinda per capire cosa accade
EDITORIALI
Le emozioni del salmone morto
Le neuroscienze spesso raccontano panzane, dice il New Scientist
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OGGI ONLINE
Cronache dalla Leopolda
Le bandiere che non ci sono, il Pd che si vede e non si vede, il gioco di prestigio e un problema cruciale: come può la sinistra accettare di trasformare il suo partito in “Forza Renzi”?
Lo vedevi un po’ da tutto, lì a Firenze. Lo vedevi dagli sguardi, dalle parole, dai commenti, dai movimenti, dai sorrisi, dalle reazioni, dalle bandiere, dai simboli e soprattutto dai sottotesti. Perché alla Leopolda, naturalmente, era tutto un che bravo Matteo, che discorso Matteo, che stile Matteo, che grinta Matteo, che forza Matteo, che squadra Matteo, che leadership Matteo e che grande Matteo. Ma alla fine dei conti, tra un Baricco e un Serra, un Farinetti e un Guerra, un Delrio e un Franceschini, un Migliore e un Fassino, la vera domanda sussurrata a voce bassa dall’immensa platea della Leopolda era sempre quella: ma come può riuscire Renzi ad asfaltare il vecchio Pd e a trasformare il Popolo della Leopolda, così lo ha chiamato Renzi, nel nuovo grande contenitore del centrosinistra italiano?
Editoriale C'è porcata e porcata |
di Claudio Cerasa
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Aiuta la moneta lasca
L’Eurozona inventa altri “vincoli” per le riforme. La pragmatica Inghilterra ha meno stato e più Banca centrale
La disfida accademica tra sostenitori del rigore fiscale in tempo di recessione e fautori del bilancio pubblico lasco sembra non avere fine. Arbitri completamente imparziali, infatti, sono difficili da trovare, a sei anni dall’inizio della crisi finanziaria negli Stati Uniti. In questo limbo, nell’Europa continentale, il presidente dell’Eurogruppo, il ministro delle Finanze olandese Jeroen Dijsselbloem, è tornato ieri a chiedere “più strumenti” per spingere gli stati indisciplinati sulla strada dei tagli e delle riforme strutturali, lodando gli “accordi contrattuali” approvati in linea di principio all’ultimo Consiglio Ue, su proposta della cancelliera tedesca Angela Merkel. |
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