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La
Giunta sancisce la decadenza di Berlusconi da Palazzo Madama, tra
proclami protervi e irrisioni pecorecce (il 14 voto segreto). Il Pdl si
mostra unito nello sdegno, mentre Alfano tratta la buonuscita del
Caimano
La
decadenza è per lui uno di quegli eventi così intrattabilmente,
spigolosamente, certi, che ieri non sapeva bene nemmeno dove metterlo
nel quotidiano possibilismo della sua vita. “Non è più questo che mi
preoccupa”, s’è confidato Silvio Berlusconi, nel giorno in cui la Giunta
del Senato lo avvia verso quell’espulsione che si consumerà tra nove
giorni, nella seduta plenaria di Palazzo Madama. Così, con Mariarosaria
Rossi, l’assistente e senatrice, e con l’onorevole (e avvocato) Niccolò
Ghedini, il Cavaliere, inquietato dalla baldanza delle procure che
potrebbero voler esibire il suo scalpo nella gogna del carcere, ha fatto
uno strano, per lui, esercizio di rassegnato fatalismo.
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di Salvatore Merlo
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Porpora, saio e mondanità
Niente
repulisti negli armadi d’oltretevere: i cardinali continueranno a
vestire gli abiti corali purpurei, i vescovi quelli violacei. Le
indiscrezioni che circolavano nei giorni scorsi sul Papa pronto a
tagliare mozzette e abolire titoli ecclesiastici, dopo aver annunciato
la riforma della curia, erano tutte “fantasie”, ha detto lo stesso
Bergoglio con un sorriso. La spoliazione annunciata, là dove Francesco
d’Assisi rinunciò ai beni terreni eredità della sua famiglia benestante
di mercanti, non ha niente a che vedere con i segni esteriori, con le
berrette e i pizzi elaborati dei camici.
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di Matteo Matzuzzi
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